Analisi dei bisogni dei clienti

Introduzione

Uno dei passaggi fondamentali per l’implementazione di un’iniziativa imprenditoriale è saper identificare i bisogni dei clienti e metterli in relazione con il valore che l’impresa può offrire per soddisfarli nel modo migliore. Uno strumento utile a tal fine è l’approccio suggerito dal Design Thinking.

 Definizione di Design Thinking

Il termine Design Thinking fu coniato dal designer Rolf Faste negli anni ’80, ma il suo utilizzo per scopi manageriali è dovuto al collega David M. Kelley, intorno agli anni 2000 a Stanford. 

Il DT è un processo per la generazione di innovazioni incentrato sulla comprensione approfondita dei bisogni delle persone, che fa leva su approcci e metodologie tipiche del design. Perché proprio il design? Perché il designer adotta un processo creativo partendo da un problema, la cui soluzione è sconosciuta, e giunge allo sviluppo di un’idea creativa ed originale che risponde perfettamente al bisogno individuato. 

Fondamenti del Design Thinking

La prospettiva su cui si basa è ribaltare il classico triangolo con al vertice in alto il business e alla base le persone e la tecnologia. Seguendo questa logica, l’obiettivo dell’impresa risiede nell’uso dell’innovazione per creare valore per il business a favore degli stakeholder, grazie a prodotti che soddisfino i bisogni delle persone attraverso l’uso delle tecnologie. Il DT pone invece nel vertice in alto le persone. Questo ribaltamento fa sì che si parta dai problemi delle persone per creare valore per gli utenti finali tramite prodotti/servizi che li soddisfino. Il business è quindi la naturale conseguenza di questo processo incentrato sulle persone.

Lo scopo del DT è creare empatia con il cliente, perché si progetta per qualcuno e lo si fa con un metodo agile per identificare una soluzione innovativa, che soddisfi i tre criteri di desiderabilità da parte del mercato, fattibilità tecnologica, tecnica e organizzativa e redditività economica.

Il modello D-School di Stanford

Il modello analizzato fu sviluppato da The Hasso Plattner Institute of Design a Stanford, comunemente conosciuto come d.school. Questo processo si articola in cinque fasi.

La fase iniziale esplorativa (Empathize) prevede di entrare in empatia con i destinatari, conoscere gli obiettivi delle persone coinvolte nel progetto e ottenere degli insight sui loro bisogni. Per fare ciò è necessario osservare gli utenti e il loro comportamento nel contesto di riferimento, interagire con loro attraverso incontri e interviste ed immedesimarsi provando a vivere le esperienze degli utenti. Uno strumento utile in questa fase è l’utilizzo di una Empathy map, per sintetizzare le informazioni del cliente e definire sofferenze e necessità.Si passa poi alla sintesi e definizione del problema da risolvere (Define). Questa fase aiuta a tracciare una direzione specifica, che identifica la vision del progetto. Le intuizioni ottenute nella fase esplorativa confluiscono nella creazione di frasi rappresentative in grado di sintetizzare i bisogni espressi dall’utente. Uno strumento utile per implementare questa fase è l’uso di Personas, ovvero personaggi immaginari concepiti dalla sintesi del comportamento osservato tra i clienti in grado di rappresentare motivazioni, desideri, aspettative e bisogni di gruppi più ampi di utilizzatori.

Nella fase di ideazione (Ideate) viene generata una grande quantità di soluzioni innovative per il problema definito. Si procede in modo iterativo che parte con una prima fase di divergenza (quando si devono creare più idee possibili) e una seconda di convergenza (quando si devono fare scelte). Le idee sono definite, valutate, migliorate e infine integrate in un concept finale ricco, dettagliato e rappresentativo delle molteplici prospettive. 

Nella fase di implementazione (Prototype e Test), le migliori idee generate durante la fase precedente vengono concretizzate in una serie di prototipi (dal greco πρωτότυπος «prima forma») che permettono di trasformare le idee in prodotti/servizi “grezzi” tangibili. Questi vengono testati per ricevere feedback e raffinare l’idea iniziale tramite successive iterazioni per sviluppare il prodotto/servizio finale più rispondente alle esigenze del mercato.

Altri modelli

Esistono diversi modelli di Design Thinking (IDEO toolkit, Stanford D-School, Double Diamond), ma tutti sono accomunati da un processo iterativo articolato in tre macro-fasi:

  1. osservazione, ascolto e ricerca che porta alla definizione di un problema;
  2. ideazione, in cui si punta a far proliferare idee diverse e immaginare soluzioni alternative allo stesso problema;
  3. creazione di “dimostratori” dell’idea per essere testata e valutata.

A.E.D.I.C. Consulting

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