I 7 pilastri dell’Export Internazionale

Export digitale

Realizzare un progetto di internazionalizzazione digitale è un processo complesso che non può essere sottovalutato e che richiede un’adeguata pianificazione delle attività.
Innanzitutto bisogna considerare che, trattandosi di un investimento, sono richiesti tempo, risorse, propensione al cambiamento e preparazione rispetto a una serie di variabili fondamentali. Tra queste, la prima è sicuramente la selezione di uno o più mercati obiettivo.

I paesi di destinazione di solito vengono scelti sulla base della loro attrattività, che può essere definita secondo diversi criteri. Alcune aziende, ad esempio, si lasciano guidare dal successo e le potenzialità di sviluppo del canale online selezionando i paesi più promettenti da questo punto di vista; altre prediligono la somiglianza o vicinanza culturale rispetto ai mercati già presidiati; altre ancora considerano prioritaria la valutazione dell’accessibilità del mercato in termini di normative o standard da rispettare.

Qualunque sia il criterio scelto, dunque sia che si opti per un mercato relativamente vicino o uno lontano, una sfida probabilmente ancora più grande rimane da affrontare. La seconda attività essenziale alla concreta attivazione di una presenza digitale all’estero è, infatti, l’identificazione e la successiva implementazione del modello di export più adatto alla propria realtà aziendale. I modelli di export costituiscono l’insieme delle scelte che l’azienda compie con riferimento ad una serie di aspetti che, per la loro importanza, potrebbero essere definiti “pilastri” di una strategia di export.

Canali commerciali

Il primo pilastro riguarda i canali commerciali. Questi rappresentano i canali di vendita attraverso cui i prodotti dell’azienda sono veicolati ai clienti.
Nell’ambito di un percorso di internazionalizzazione online, ci sono una serie di alternative digitali tra cui:

  • retailer online: i retailer sono aziende commerciali che distribuiscono beni in modo diretto ai consumatori finali, ossia detenendo la proprietà dei beni acquistati da produttori italiani. Nel raggiungere i consumatori finali, i retailer possono usare esclusivamente siti di e-commerce (in tal caso parliamo di retailer online puri) oppure possono affiancare alcuni negozi fisici alle iniziative digitali (retailer multicanale). Un’azienda italiana che decide di vendere all’estero attraverso un rivenditore online può sostanzialmente optare per due alternative. La prima è vendere all’estero attraverso un retailer italiano, la seconda è optare per un retailer straniero che ha dominio direttamente nel paese di destinazione oppure in un paese terzo; 
  • marketplace: i marketplace sono aziende commerciali online in grado di aggregare un’offerta tipicamente molto frammentata senza assumersi rischi di invenduto (ossia non acquisiscono la proprietà della merce) ma svolgendo un puro ruolo di intermediazione; 
  • siti delle vendite private o “flash sale”: i siti di vendite private sono aziende commerciali online che propongono una selezione dell’offerta di produttori o brand tipicamente molto noti e organizzano campagne di vendita della durata di massimo 4/5 giorni a prezzi fortemente scontati, senza assumersi il rischio di invenduto (acquistano i prodotti sulla base degli ordini raccolti dai clienti). In alcune nazioni questo canale di vendita è molto popolare in quanto rappresenta l’occasione per avvicinarsi a prodotti che normalmente sarebbero molto meno accessibili; 
  • siti di e-commerce propri: sono i siti di e-commerce sviluppati direttamente dalle aziende produttrici che vogliono vendere i propri prodotti all’estero. 

Selezionare il canale commerciale online da utilizzare per presidiare un certo mercato è una scelta complessa che richiede in primis una conoscenza del mercato e-commerce di destinazione. Se, ad esempio, lo scenario online è molto concentrato, e dominato da operatori locali, e significativamente competitivo, l’utilizzo esclusivo del sito proprio potrebbe non essere molto efficace.

Logistica

Il secondo pilastro riguarda i canali logistici, ossia le soluzioni con cui si possono fisicamente distribuire i prodotti in un determinato mercato. Per definire le  alternative è necessario prendere in considerazione diversi aspetti, tra cui la configurazione della rete distributiva, la modalità di trasporto, il livello di esternalizzazione delle attività, il livello di servizio richiesto. 

La selezione di una soluzione piuttosto che l’altra dipende, ad esempio, dal valore del prodotto, dai volumi attesi, dal livello di servizio richiesto e dalle complessità o dai vincoli normativo-doganali. In generale, i fattori a favore di una soluzione con scorte delocalizzate in uno o più magazzini sul mercato di destinazione, sono un livello di servizio particolarmente stringente, un valore della merce ridotto, e volumi elevati. Al contrario, più il tempo ciclo ordine-consegna non costituisce un vincolo, più il valore del prodotto è elevato e più i volumi sono ridotti, tanto più può essere preferibile servire il mercato di destinazione a partire da un magazzino nel paese di origine.  

Marketing digitale

Il terzo pilastro è rappresentato dai canali di marketing e comunicazione. Sono gli strumenti digitali attraverso cui un’azienda promuove nel mercato di destinazione i suoi brand e/o i suoi prodotti.
Sviluppare campagne di marketing e comunicazione in un mercato diverso, magari culturalmente distante, implica difficoltà aggiuntive alla scelta del giusto mix di canali da utilizzare. Bisogna occuparsi dell’individuazione di toni, temi e contenuti coerenti con i gusti del mercato, spesso difficilmente comprensibili da professionisti di nazionalità diversa da quella del paese obiettivo.
È questo il caso, per esempio, della Cina, che risulta spesso inaccessibile ad aziende occidentali senza l’intermediazione di esperti locali.

Organizzazione

Il quarto aspetto da considerare è legato all’adattamento della struttura organizzativa. Il cambiamento dell’organizzazione può rappresentare una fase critica nella vita dell’impresa che cerca di orientarsi all’export digitale.
La situazione o stadio con minore specializzazione è quella in cui non vi sono né export manager né e-commerce manager. L’organizzazione aziendale può quindi evolversi in due direzioni complementari: da un lato con la figura dell’export manager tradizionale, ovvero specializzato nell’export offline, dall’altro con la figura dell’e-commerce manager, non necessariamente orientato anche al mercato estero.
Tuttavia, una strategia efficace di export digitale richiede che le due figure coincidano o che collaborino con un elevato grado di coordinamento.

Finanziamento

Il quinto pilastro riguarda le fonti di finanziamento. L’export, anche digitale, è in primo luogo un’opportunità per incrementare i profitti all’estero. Se l’iniziativa di export avrà successo, sarà in grado di autosostenersi nel medio-lungo periodo. Tuttavia, l’entrata nei mercati esteri comporta per l’impresa l’esistenza di una serie di costi iniziali che, oltre a rappresentare un ostacolo all’internazionalizzazione, aumentano l’incertezza e la rischiosità dell’operazione.
La capacità di trovare e gestire le fonti di finanziamento diventa quindi un prerequisito per cogliere le opportunità date dall’export. In alcuni casi, l’impresa è in grado di autofinanziarsi in tutto o in parte. Nella maggioranza dei casi però l’impresa necessita di risorse esterne, tra cui capitale di debito privato, finanziamenti privati, o finanziamenti pubblici specificamente legati all’uso del digitale.

Sistemi di pagamento

Il sesto pilastro sono i sistemi di pagamento, ossia l’insieme delle procedure e dei mezzi con i quali avviene il trasferimento di denaro tra acquirente e venditore online. Un sistema di pagamento eccessivamente complesso, poco trasparente o semplicemente lontano dalle abitudini di pagamento dei consumatori rischia di compromettere il buon esito dell’acquisto digitale. 
Sono diversi gli strumenti di pagamento: si va dai più standard, come carte di credito/debito, fino ai recenti “wallet” digitali. Ognuno di questi strumenti di pagamento può risultare più o meno adatto a seconda del tipo di consumatore, del mercato di destinazione e del prodotto offerto. 
In particolare, bisogna prestare molta attenzione allo specifico mercato di destinazione, poiché ogni paese ha le sue peculiarità a riguardo, e sarebbe riduttivo pensare che sia sufficiente la carta di credito come unico strumento di pagamento.

Aspetti legali

L’ultimo pilastro riguarda gli aspetti legali. L’attività di export digitale presuppone la comprensione delle procedure e dei requisiti di natura legale e fiscale, degli adempimenti doganali, delle regolamentazioni e delle norme contrattuali da seguire per la vendita online sui mercati esteri.
Alcuni dei principali aspetti legali riguardano gli adempimenti iniziali, la fase precontrattuale, la conclusione del contratto, la tutela della privacy, la consegna, gli aspetti post-vendita e le normative sulla risoluzione delle eventuali dispute legali. In questo caso è opportuno affidarsi a degli esperti, tipicamente studi legali specializzati.
L’internalizzazione di queste competenze è pensabile solo per aziende con volumi di export tanto significativi da giustificarne il rapporto costi benefici.

Definiti i pilastri del modello di Export, è importante sottolineare che l’applicazione del modello è influenzata da diversi fattori contestuali, fra cui il Paese di destinazione e il settore merceologico. Infine, bisogna considerare che non esistono regole universali, ma è la singola azienda che deve personalizzare il modello di export e renderlo adatto alla propria realtà.

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